Esposizione "Corporate Art"
L'azienda come oggetto d'arte
Galleria Nazionale d'Arte Moderna
Viale delle Belle Arti, 131 – Roma
26 luglio – 11 ottobre 2015
“Il buon business è l’arte migliore”
( Andy Warhol )
La Galleria Nazionale di Arte Moderna (GNAM), in collaborazione con pptArt, prima piattaforma al mondo di crowdsourcing di arte, organizza un’esposizione sul tema “Corporate Art” volta a valorizzare il ruolo di manager e aziende che hanno saputo reinterpretare la relazione tra il mondo del business e la creatività artistica.
L’obiettivo dell’esposizione Corporate Art sarà quello di recuperare la tradizione di una profonda collaborazione e interazione tra l’arte e il mondo aziendale, mostrando come negli ultimi anni ci siano stati segnali inequivocabili di una riscoperta delle potenzialità artistiche all’interno dei processi di marketing e di comunicazione aziendale.
L’evento sarà organizzato dal 26 Luglio 2015 al 11 Ottobre 2015 negli spazi della GNAM e riceverà ampia visibilità sui media nazionali e di settore. Gli organizzatori si impegnano a massimizzare la visibilità dell’iniziativa sugli opportuni canali di comunicazione (TV, Giornali, riviste, radio, internet, newsletter, etc.).
Le aziende interessate dovranno selezionare una o più collaborazioni con il mondo dell’arte aventi per oggetto la Mission o la Corporate Image aziendale.
Per maggiori informazioni, potete contattare Grazia Miracco (gm@pptArt.org) oppure scaricare l'invito completo qui.
Arte e business: un rapporto di amore-odio lungo un secolo
Nel pieno del fermento artistico degli anni 60, all’apice di un rapido sviluppo economico che aveva portato gli Stati Uniti a diventare la prima potenza mondiale, Andy Warhol esprimeva la sua critica della società dei consumi riproducendo in serie scatole di zuppa e confezioni di Corn Flakes. Avendo costruito il suo successo personale sui meccanismi dei mass-media, Warhol sapeva apprezzare e riconoscere la complessità del mondo aziendale tanto da affermare di aver iniziato la carriera come uno dei tanti “commercial artist” e di averla finita come “business artist” di successo.
Prima della Pop Art, già all’inizio degli anni 20, in un contesto pervaso dall’entusiasmo per la nascente società dei consumi e dalla ventata di creatività che la comunicazione aziendale stava introducendo nel mondo dell’arte, il manifesto dada di Tristan Tzara affermava provocatoriamente che “anche la pubblicità e gli affari sono elementi poetici”.
Una parabola, quindi, che si apre con l’entusiasmo dada e futurista per il mondo della pubblicità e si chiude, mezzo secolo più tardi, con la Pop Art e la sua feroce critica della massificazione e del livellamento sociale.
Spenti ormai i fuochi e le passioni intorno alla società dei consumi e al sistema produttivo, oggi l’impresa è tornata ad essere una scatola fredda e impersonale, relegata al ruolo di mecenate passivo di eventi culturali. Si è andata progressivamente ampliando la contrapposizione tra l’arte, tempio indiscusso della libertà e della creatività, e il mondo aziendale, arido tentativo della mente umana di introdurre un ordine razionale nel caos dei mercati e dei desideri umani. Raramente si considera il business come una fonte di complessità e bellezza in grado di fornire nuovi spunti all’arte stessa. Il mondo dell’arte, nel rifiutare a priori questo confronto, si è privato di un interessante campo di esplorazione.